Inserisco qui un articolo dell'amico e fratello RGC Bernardo Serrini, cui spesso chiedo consiglio essendo (nonstante la pelata e la faccia ihihihi) mentore e riferimento nel mio attuale cammino marziale.
Oramai è un anno che si è nel Rio Grappling e questo è uno degli argomenti che abbiamo discusso ...avendo poi visto l'articolo non posso far altro che riportarlo, condividendo appieno il pensiero alla luce del mio percorso di alievo prima ed istruttore adesso.
Di Bernardo Serrini:
"Era da un pò che mi frullava in testa di scrivere qualcosa sul rapporto allievo - maestro, vale a dire sul legame che deve intercorerre a mio parere all'interno di una scuola seria, che faccia dell'ambiente costruttivo e rilassato un credo fondamentale. Una premessa: non credo alla mentalità del dojo in stile giapponese, il rispetto è una cosa che si conquista, non che si impone. Non mi piace la disciplina militare, specie se presente in scuole dove non si fa arte marziale, nell'unico senso che la parola ha, cioè addestramento al combattimento. Scuole dove si è rigidissimi sul saluto, punendo l'allievo se magari sbadiglia e finendo ogni allenamento senza aver neanche sudato. Allo stesso modo ho avuto a che fare con maestri che vivevano di divieti verso i loro allievi, considerati clienti al momento del pagamento della retta mensile, ma studenti stile Myagi-Daniel La Russo al momento che questi chiedevano di entrare in contatto con altre realtà.Vietare agli allievi di provare altri stili o di allenarsi in altre scuole, al momento che questi correttamente chiedono il permesso, secondo me rappresenta solamente una puerile difesa contro il materializzarsi di ataviche paure tipo che l'allievo si accorga di quanto il proprio maestro sia limitato e di quanto l'ambiente che frequenta sia scarsamente stimolante alla crescita. Oscurare la realtà per far si che non la si veda è solo un palliativo, se non sei capace di migliorare e metterti in discussione continuamente non fai il tuo dovere verso l'allievo. Si deve far si che sia sempre una scelta e mai un obbligo ottenuto con ricatti morali, quella che l'allievo fa rimanendo nell'ambiente dove è cresciuto. Ho visto troppi promettenti atleti rimasti a coltivare il loro orticello, senza acquisire nulla in termini di conoscenza e crescita se non quel poco che gli offriva il loro maestro. Un match all'anno, magari di infimo livello e poi più nulla. Rimasti a guardarsi le punte dei piedi per non andare contro parole come "rispetto", "amicizia"e "non essere un traditore". E il maestro invece? Rispetta l'allievo se gli impedisce di fatto di crescere? Non tradisce forse la sua fiducia impedendogli di scegliere? E' corretto se in nome dell'amicizia non gli permette di realizzare il suo sogno?In altre parole, quanto vale un allievo che rimane in palestra solo per devozione? Quanto sarà stimolato a competere e crescere? Quanto darà alla scuola?Dal punto di vista dell'allievo invece, ci si deve aspettare correttezza, nel senso di non agire alle spalle, non nascondere nulla ed essere sempre diretti e sinceri. Chiaramente è giusto che se sei un cliente ti comporti da tale, ed è giusto che se la scuola ti da delle agevolazioni, come atleta o come insegnante il rapporto sia un pò più profondo.Mi rendo conto che è difficile trovare il giusto equilibrio, ma personalmente al momento ritengo di avere il meglio del meglio come allievi, in quanto a rispetto, correttezza e crescita attraverso il Jiu Jitsu. Non nascondo che in passato qualcuno era venuto con altri intenti in palestra, e magari ho dovuto "mettermi i guantini" per far capire certe cose....Ma la vittoria più grande è stata quella di aver fatto intendere a queste persone il vero spirito della scuola, dove si ride, si scherza, si suda, si soffre, si vince, si perde e si impara ad essere uomini migliori. Si aiuta perciò il compagno più debole a crescere, non lo si riempie di colpi e lo si ostacola per mettere in risalto noi stessi e quanto siamo bravi".
riprendo questa parte: "Si ride, si scherza, si suda, si soffre, si vince, si perde e si impara ad essere uomini migliori" questo è lo spirito questa è la meta, crescere assieme ognuno secondo le proprie capacità con dedizione sacrificio ed allegria, senza preclusioni senza orticelli o falsi miti.
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